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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

254844
Saltini, Guglielmo Enrico 21 occorrenze
  • 1862
  • Le Monnier
  • Firenze
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

CACIALLI di Firenze (n. 1770, m. 6 ottobre 1828) dimostrò anch’esso col fatto quanto giovassero a bene operare gl’insegnamenti del suo illustre

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Il conte LUIGI CAMBRAY DIGNY fiorentino (n. 1779, morto 22 febbraio 1843) fu anch’esso della bella scuola. D’ingegno pronto e fatto sicuro dai buoni

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architettoniche del magnifico tempio; il campanile della chiesa di Santa Croce nel 1847; i nuovi adornamenti e il gran vestibolo fatto di pianta al R

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chiarire del fatto. Ogni lume dell’arte, ogni salutare precetto era dimenticato: studiare il vero, inutile; gli antichi, pedanteria; ispirarsi bene al

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perfezionarsi per munificenza del principe toscano. Tornato in patria con bella fama di abilità, e fatto professore dell’Accademia, si dette più che alle

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sue opere fatti dallo stesso Canova tanto parco encomiatore. Se la fortuna avesse fatto gareggiare il Ricci con altri artisti di pari valore, forse

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nome, e fu da ricchi stranieri fatto ripetere più volte; e la Baccante, il Mercurio, la Danzatrice, la statua colossale di Ferdinando III a Livorno

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fatto rivivere tra noi V arte di fondere in bronzo statue ed altri oggetti di plastica, dopo Giovan Bologna e Ferdinando Tacca quasi affatto

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civile comunanza, o perchè il tema non fosse creduto importante com’è di fatto, o perchè sia costume degli uomini stimar meno e meno darsi pensiero di ciò

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lavorante del Museo, benché fosse spoglio d’ogni ambizione, attendeva fiducioso un premio alle sue lunghe fatiche; e lo aspettò di fatto fino all’età in

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Oloferne. E non si tosto venne scoperto questo macchinoso dipinto (1804), che il nome dell’artista fatto europeo, parve rivendicare all’Italia il

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piedi. Laonde da un così fatto esercizio acquistò nel comporre un fare largo e ricchissimo, che poi tradotto nei suoi dipinti e specialmente nei freschi

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, nelle pareti e nelle lunette della quale dipinse l’Incoronazione della Vergine, la Chiesa Militante, e il voto fatto dai Fiorentini dopo la pestilenza

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Leopoldo fatto incisore della Zecca fiorentina, ufficio nel quale si meritò molta lode. Poi nel 1789 succeduto al padre nella direzione della

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cose del Vangelisti. Il granduca che in lui vedeva avverarsi le concepite speranze, gli pose grandissimo affetto; e quando, fatto Imperatore, volle

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. Applicatosi poi all’incisione, venne di ventisette anni in Firenze a cercarvi perfezionamento. Fatto quivi il suo tirocinio, intagliando prima gli antichi

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sgomento e la disperazione. Volpato dovè dire che i soli accessori del lavoro gli avevano fatto paura. Vuolsi che in quest’opera il Morghen toccasse l

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fatto a Roma per istudio, ebbe in patria l’ufficio di suo padre. Ricorderemo in breve le opere sue principali, come la cappella della Vergine nel

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’arte avrebbe fatto nuovi progressi. — Samuele Jesi di Correggio, israelita (n. 4 settembre 1788, m. a Firenze 17 gennaio 1853), fu disegnatore e incisore

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’artisti, che già ha fatto sotto di lui due stupende pubblicazioni: la Galleria dell’Accademia di Belle Arti, e il San Marco dei Padri Predicatori

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Firenze, ed oltre ad avere maestrevolmente inciso il Carlo V a cavallo del Wandick, e un bellissimo ritratto del letterato Giuseppe Borghi, ha fatto tra

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